Presentazione del Libro: IL SOGNO INVERSO DI TITO BIAMONTI

Giovedi’ 3 Giugno alle 21.00 presso la biblioteca comunale di Nerviano.

L’ANPI di Nerviano promuove la presentazione del libro di Maurilio Riva “Il sogno inverso di Tito Biamonti” in cui le vite partiginae di Italo “Tito” Zanotti e di Giovanni Federico Biamonti (Beppe Fenoglio) sono narrate tra storia e letteratura.

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“Da un libro letto d’un fiato, il narratore trae lo slancio per iniziare una ricerca e una comparazione parallele fra l’opera di “Giovanni Federico Biamonti” – in cui si staglia la figura di un “partigiano azzurro” – e le gesta di “Tito” alias Italo Zanotti, partigiano garibaldino, conosciuto dall’autore in età adolescenziale.

Dal primo libro e da un secondo, scritto a suo tempo da “Tito” e rimasto inedito, ne scaturisce un terzo per geminazione.

L’io narrante ricopre la funzione di collante e commento delle due vicende. Il suo punto di vista si aggiunge come storia a sé stante così, da due, le storie diventano tre e l’alternarsi dei tre piani di scrittura diviene una sorta di partitura che fa pensare a tre strumenti musicali che dialogano senza creare fratture. Le storie parallele si trasformano alla fine in “sinfonia”.

Le biografie di “Tito” e di “G.F. Biamonti” – uno pseudonimo dietro cui si cela l’identità di uno scrittore che ha lasciato un’impronta indiscutibile nel novecento letterario italiano – svelano parecchi elementi in comune, fatte le doverose distinzioni. I punti di contatto fra loro – spesso identici, a volte capovolti – balzano in evidenza a mano a mano che si intrecciano le loro storie.

Una vita trafficata per l’uno, laboriosa ma non conformista per l’altro. Non coronata da successi, per il primo. Tardivi, in larghissima misura, per il secondo.

È sindrome dal nome ignoto quella per cui, in punto di morte, scorrano davanti agli occhi del moribondo – in un battibaleno – i punti salienti di tutta la vita. A “G.F. Biamonti” capita all’opposto, dal letto d’ospedale, di immaginare la vita futura se scampasse alla malattia: incontri e conoscenze, scritture di nuovi libri, amicizie e avversioni, collaborazioni musicali e stesure di testi per autori di rilievo, cimenti giornalistici.

È sindrome a rovescio, la sua: un sogno inverso.

Nel caso del “partigiano Tito“, il sogno inverso equivale al compimento postumo di quanto da lui sognato, tanti anni prima: pubblicare, dopo averlo scritto con fatica, il libro dell’esperienza partigiana, stella polare della sua esistenza a perdere. La sua vita viene ricomposta, con minuziose ricerche, nei lineamenti essenziali.

“Tito” era un uomo normale, educato secondo le regole austere della civiltà contadina. Uomo onesto che si è dovuto barcamenare tra i discutibili vincoli di una società che troppe volte sembra premiare impudenza e spregiudicatezza. Uomo coraggioso, non un super-eroe. Uomo capace d’amicizia e, pur nella penuria, generoso.

Si deve parlare, perciò, di una “biografia ritrovata” nel cui mosaico permangono giocoforza zone incompiute, nondimeno le tessere rinvenute riescono a rispettarne la genuinità.

Convinto assertore di quanto scriveva Walter Benjamin, l’autore si immedesima nel dettame secondo cui «un evento vissuto è finito, o perlomeno è chiuso nella sola sfera dell’esperienza vissuta, mentre un evento ricordato è senza limiti». “

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